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Il Glifosato: Analisi e Implicazioni Scientifiche Recenti
È ufficiale: il glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, è cancerogeno. Lo conferma uno studio pubblicato il 10 giugno scorso, coordinato dall’Istituto Ramazzini di Bologna in collaborazione con un consorzio internazionale di ricercatori, basato su solide evidenze scientifiche. Si tratta della più ampia indagine indipendente mai realizzata sugli effetti a lungo termine del glifosato a dosi precedentemente considerate sicure. Contrariamente alle valutazioni delle autorità europee, i risultati indicano che il glifosato può indurre tumori anche a basse concentrazioni, corrispondenti a quelle dell’esposizione umana quotidiana.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Health, ha monitorato per oltre due anni un vasto campione di ratti esposti al glifosato puro e a due erbicidi a base di glifosato (Roundup BioFlow, utilizzato in Europa, e RangerPro, negli Stati Uniti) fin dal periodo fetale, ovvero durante la gravidanza, e per tutta la durata della loro vita. Questo modello sperimentale riproduce fedelmente l’esposizione cronica e reale degli esseri umani al glifosato, che può iniziare già nel grembo materno e proseguire per decenni.
I risultati sono allarmanti: nei gruppi esposti, anche a dosi molto basse (equivalenti a quelle ritenute sicure dalle autorità sanitarie europee), è stato riscontrato un aumento significativo di vari tipi di tumori, tra cui leucemie, linfomi, tumori della mammella, della tiroide, del fegato, dei reni, della pelle e persino del cervello. Particolarmente preoccupante è l’insorgenza precoce di leucemie, in alcuni casi già in giovane età (nell’equivalente umano, intorno ai 35-40 anni).
Fino ad oggi, le agenzie europee, in particolare l’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), avevano escluso il rischio cancerogeno del glifosato per l’uomo, ritenendo insufficienti le prove disponibili. Dopo anni di dibattiti e incertezze, questo studio fornisce finalmente dati fondamentali: esposizione a lungo termine, anche durante la gravidanza, a dosi realistiche.
Secondo gli autori, la tossicità del glifosato si manifesta attraverso diversi meccanismi. Il glifosato induce stress ossidativo, che danneggia le cellule e favorisce lo sviluppo tumorale; altera il microbiota intestinale, con conseguenze indirette sul sistema immunitario; interferisce inoltre con il sistema ormonale, promuovendo tumori ormono-sensibili (come il cancro al seno). Inoltre, lo studio ha evidenziato che le formulazioni commerciali contenenti glifosato risultano ancora più tossiche del principio attivo isolato, a causa dei coformulanti, sostanze aggiunte per potenziarne l’efficacia.
Quali sono i rischi per la popolazione? L’esposizione al glifosato è diffusa a livello globale. Questa sostanza è ampiamente impiegata in agricoltura, ma anche in giardini, parchi pubblici e lungo le ferrovie. Tracce di glifosato sono state rilevate nelle urine della popolazione europea, inclusi bambini e residenti in aree urbane. Chi lavora a stretto contatto con gli erbicidi, come agricoltori e giardinieri, è ovviamente maggiormente esposto. Tuttavia, anche la popolazione generale è esposta tramite alimenti (il glifosato è stato individuato in pasta, pane, prodotti da forno, legumi e altri alimenti comuni), acqua e aria.
Lo studio ha suscitato reazioni immediate. Numerosi scienziati indipendenti e associazioni ambientaliste hanno richiesto il divieto immediato del glifosato. Alcuni rappresentanti politici, come in Veneto, hanno presentato interrogazioni per vietarne l’uso nelle aree pubbliche. In contrapposizione, Bayer, una delle principali multinazionali farmaceutiche produttrici di glifosato, ha respinto le conclusioni dello studio, criticandone la metodologia e sostenendo l’insufficienza delle prove per un divieto. Ma la domanda rimane: prevale il profitto o la tutela della salute pubblica?
E adesso? La decisione spetta alle autorità europee e ai governi nazionali. Lo scorso anno l’Unione Europea ha rinnovato per dieci anni l’autorizzazione all’uso del glifosato, una scelta che molti ritengono influenzata più da pressioni industriali che da un rigoroso principio di precauzione. Tuttavia, queste nuove evidenze potrebbero costringere a rivedere tale decisione: i ricercatori sottolineano che i risultati, ottenuti con un disegno sperimentale attentamente modellato sull’esposizione umana reale, sono trasferibili all’uomo e dovrebbero indurre a una revisione urgente delle attuali soglie di sicurezza. Chi ha sempre difeso il glifosato dovrà ora rispondere alla scienza e ai cittadini.
Di Luca Avoledo • in Natura • 1 Luglio 2025
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M.Benasayag/ G. Schmit
L'epoca delle passioni tristi, trad. It. Feltrinelli, Milano2004, p. 23.
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"Inizia dal Principio"
È da questo ossimoro che vorrei "partire" per raccontarvi il mio punto di vista sulla situazione sanitaria, aggravata oggi da questa pandemia di SARS-CoV-2Vorrei proprio iniziare dal principio con il quale professionalmente, ormai da più di vent'anni, cerco di essere d'aiuto a persone che si rivolgono a me per risolvere le loro problematiche di salute. La base fondante, o almeno io la concepisco in questo modo, è quella dell'immedesimazione "empatica".
Ricciardi il vaneggiatore
Gente così andrebbe processata perché mente sapendo di mentire. Il problema sarebbero i non vaccinati ( sino a prova contraria sani!!) e la non accuratezza dei tamponi, che darebbero la possibilità , da 48 ore fino ad un massimo di 72 ore per il tampone molecolare ( che comunque ha un' accuratezza di attendibilità alta) a pochi falsi negativi di infettare tutto il paese🤔. Invece i vaccinati muniti di Green Pass , magari con una somministrazione di dose abbastanza attempata, per la quale è già stato scientificamente provato il crollo del titolo anticorpale, ai quali, oltre alla già promessa 3 dose "booster" di richiamo, ne saranno necessarie una all'anno "superbooster" per garantire "niente", visto che possono essere infettati ed essere infettivi, sono lasciati liberi di circolare senza nessun controllo addirittura aumentandone la potenzialità infettiva regalando loro non si sa su quali basi medico- scientifiche il Super green Pass.
L’avvocato Mauro Sandri
Il centro energetico della narrativa attuale è il mitico riempimento delle terapie intensive. Occorre partire dal dato che ci viene venduto dal mainstream: la percentuale di riempimento. Varato sul decreto 105 del primo green pass anche il quantitativo di rendimento delle terapie intensive che produce la mappa dei colori. Il quantitativo di riempimento delle terapie intensivo definisce il cambio di colore: si entra in zona gialla con il 20% delle terapie intensive piene, in zona arancione con il 30% e in zona rossa con il 40%. I numeri assoluti non vengono dati dal mainstream, se desse i numeri assoluti si creerebbe una grande problema. In una intervista del febbraio 2020 Burioni e Speranza dicono che l’Italia è preparatissima ad affrontare l’emergenza. Quale era il numero delle terapie intensive occultato dal mainstream?
L’Italia in marzo aveva 4095 terapie intensive per 62 milioni di abitanti, Eravamo al 19esimo poste OCSE nella graduatoria tra terapie intensive e abitanti. Questo è frutto della distruzione della sanità operata dagli stessi oggetti che ci governano. L’incendiario si trasforma in pompiere: 20 anni di tagli delle terapie intensive e posti letto producono questa problematica. Il governo ha due mesi per intervenire e non accade nulla. Sono rimaste le stesse terapie intensive anche nel picco di mortalità. Solo successivamente con il decreto dignità passiamo da 4000 a 7000, il nulla. A febbraio la Germania aveva 26.000 posti di terapia intensiva che dopo due mesi vengono implementati a 40 mila posti con 80 milioni di abitanti. Dobbiamo spostare lo scontro sul terreno scientifico dove abbiamo ragione. Oggi siamo ancora nettamente al di sotto delle media OCSE per posti terapia intensiva ogni 100 mila abitanti. L’emergenza sanitaria è quindi una creazione dolosa di chi la invoca, di coloro che hanno tagliato i posti di terapia intensiva”